Abstract
Nel fascicolo del GIOT dedicato alla ricorrenza dei suoi 50 anni abbiamo voluto riservare questa rubrica a Mario Campanacci, indimenticato maestro nel campo della oncologia muscolo-scheletrica; un personaggio entrato di diritto nella galleria di coloro che hanno reso famoso nel mondo l’Istituto Rizzoli e l’ortopedia italiana. Lo abbiamo fatto come omaggio a chi, da una parte, fu eletto fin dalla nascita del Giornale come uno dei due redattori (e risultò anche co-autore dell’articolo di apertura comparso nel primo numero, Osteosarcoma); dall’altra, per essersi distinto come un vero artista nella sua attività hobbistica, quando lo studio costante e la ricerca ostinata sui tumori ossei gli lasciavano solo pochi ritagli di tempo libero. Si immergeva nel silenzio di una stanza o di un angolo di natura amica, cercava di sgombrare la mente dall’ansia per i suoi malati, la pipa in bocca quasi come fonte d’ispirazione, in mano una penna per scrivere versi o un pennello per dipingere volti umani e paesaggi. Per lui ci è toccato anche modificare il titolo della nostra rubrica. Passioni sbocciate fin dall’infanzia (a 11 anni cominciò a scrivere un romanzo) e coltivate fino agli ultimi giorni della propria esistenza, con dedizione e diligenza pari a quelle che riversava in ambito lavorativo. Oltre alla vastissima produzione scientifica, è rimasta così in eredità anche una ricca collezione di quadri e una consistente raccolta di poesie e scritti vari, dalle quali abbiamo tratto solo alcune opere (per gentile concessione della figlia Laura, che segue le orme professionali del padre e ne custodisce amorevolmente il ricordo).
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