Abstract
Il dolore cronico è una condizione frequente nella popolazione mondiale rappresentando un significativo problema di salute pubblica, con un importante impatto non solo sulla salute del paziente, compromettendone la qualità di vita, il benessere psicofisico e la produttività, ma anche sul suo nucleo familiare e sulla sua sfera di relazioni. Considerando le cause muscolo-scheletriche, l’artrosi e dalla lombalgia cronica rappresentano le condizioni più frequenti. Nella maggior parte dei casi si tratta di dolore di tipo nocicettivo somatico, anche se può coesistere un dolore di natura neuropatica o mista. La cronicizzazione del dolore è un processo molto complesso, legato a uno squilibrio fra amplificazione e inibizione del dolore, con fenomeni di sensibilizzazione centrale e periferica. Nelle sindromi dolorose croniche, il dolore può essere l’unico o il principale disturbo lamentato dal paziente, ma anche nei casi in cui il dolore è associato ad altre manifestazioni cliniche è comunque il sintomo più impattante, al punto tale da poter essere concepito come una malattia. Anche in ortopedia il trattamento del dolore cronico dovrebbe essere il più possibile mirato ai suoi meccanismi patogenetici e dovrebbe considerare la sua natura biopsicosociale; pertanto, attraverso una strategia di trattamento multimodale, dovrebbe tendere al recupero della funzionalità e della qualità di vita da parte del paziente. Tuttavia, attualmente il dolore cronico è spesso trattato in maniera inadeguata. Nell’ambito delle patologie ortopediche la categorizzazione del dolore è determinante nel processo diagnostico, poiché influenza la prognosi, il work-up e il trattamento in tutte le fasi di gestione. Per i pazienti con analgesia inadeguata nonostante le terapie non farmacologiche, è consigliabile intraprendere terapie farmacologiche multitarget accuratamente selezionate, in base al tipo di dolore. L’utilizzo degli oppiacei è indicato nel caso di dolore cronico moderato/severo non responsivo al trattamento con paracetamolo e/o FANS, o nel caso in cui i pazienti presentino controindicazioni all’utilizzo degli antinfiammatori non steroidei. Tra gli oppiacei, una molecola di indubbio interesse è il tapentadolo, in virtù di un profilo d’azione diretto alla componente sia nocicettiva sia neuropatica. Disponibile in Italia in una formulazione a rilascio prolungato (PR), tapentadolo è un oppiaceo atipico, primo di una nuova classe di farmaci, denominati MOR-NRI (agonisti del recettore μ-oppioidi e inibitori del reuptake della noradrenalina). I due meccanismi sono sinergici ai fini dell’azione analgesica; in particolare, il potenziamento della trasmissione noradrenergica appare rilevante nel controllo della componente neuropatica del dolore. Inoltre, tale sinergia garantisce anche importanti vantaggi in termini di sicurezza terapeutica e tollerabilità, con minori effetti indesiderati a livello gastrointestinale rispetto agli oppiacei tradizionali. Infine, il tapentadolo non ha metaboliti attivi e ha un basso rischio d’interazioni farmacologiche. L’efficacia e la sicurezza di tapentadolo PR sono state ampiamente verificate in studi sul dolore cronico da artrosi e lombalgia cronica.
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