Abstract
In tutta Europa, nell’alto Medio Evo, la pratica chirurgica, compresa l’orto-traumatologia, non rientrava tra le attività mediche. Le poche nozioni di tecnica sfuggite alle devastazioni provocate dal crollo dell’Impero Romano e alle successive invasioni barbariche, divennero patrimonio di operatori completamente estranei alla medicina. Si trattava di barbieri o soggetti senza altra conoscenza che quella tramandata oralmente da un proprio congiunto e identificati, all’epoca, come conciaossa, cava denti, salassatori, incisori di ascessi. Praticoni, completamente privi di alcuna formazione scientifica e che in una società carente di organizzazione sanitaria, di un adeguato controllo delle attività, con supporti didattici insufficienti e difficili da reperire, dove le conoscenze erano contenute e racchiuse all’interno dei monasteri, proliferavano e, seppure in modo del tutto arbitrario, sopperivano alle carenze che la medicina non era in grado di sanare, svolgendo malgrado tutto un ruolo sociale di vitale importanza. A peggiorare la situazione c’era: da una parte il divieto, imposto ai medici clerici o monastici (che erano i più numerosi), a versare il sangue dell’infermo, norma ribadita dal Concilio di Tours nel 1163; dall’altra il disprezzo per ogni tipo di attività manuale. In questo panorama così inquietante e poco rassicurante, la Scuola Medica Salernitana era un’eccezione. Per quanto l’origine della stessa non sia supportato da una documentazione che l’attesti, la tradizione vuole che siano stati quattro maestri a fondarla; Ponto (greco), Elino, (ebreo), Salerno (latino) e Abdea (arabo). L’inizio leggendario della Schola non è sinonimo di una diceria popolare, ma di una presenza remota sul territorio. Già alla morte di Arechi II, avvenuta nel 787 d.C., la Scuola Medica Salernitana era viva e fiorente. Fattori favorenti il suo radicamento sono stati il clima (le miti condizioni climatiche consentivano la coltivazione di piante officinali), la propensione della città all’accoglienza di popoli e culture mediterranee e la laicità dell’ordinamento scolastico.
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