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“Quando vado in pensione, voglio fare dei bellissimi viaggi…”. Quante volte, negli anni trascorsi in corsia, si è pronunciata o ascoltata questa frase, nelle sue diverse declinazioni. E così, detto fatto, andato in pensione ho iniziato con un viaggio a Roma.
Stavo visitando la Galleria Borghese quando, nella sala dedicata a Caravaggio, la guida che ci illustrava i diversi quadri si è soffermata davanti alla Madonna dei Palafrenieri (Fig. 1), altrimenti detta Madonna della Serpe, invitando i presenti a notare come il piede della Vergine aiutasse il Bambino Gesù a schiacciare la testa del serpente (Fig. 2).
Ci guardo e: “Ohibò (si fa per dire), ma è un piede cavo!!!”
Al ritorno dal viaggio a Roma, ne parlo una sera a cena con dei colleghi e la “consensus conference” si conclude con unanime diagnosi di cavismo.
Non avevo mai sentito parlare di un piede cavo in un quadro di Caravaggio e, quindi, ho provato a cercare qualche riferimento, senza trovarne alcuno né in testi di Ortopedia nell’arte, né in articoli sull’argomento, né on line. Di qui l’attributo di inedito, fino a smentita.
In questa ricerca, mi sono imbattuto in un precedente illustre, pubblicato dal reumatologo Alessandro Raffa. La Venere di Botticelli, nell’esemplare conservato presso la Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino (1485-1490), presenta un piede cavo. In questo caso, però, la volta plantare appare meno accentuata e non vi è alcun riferimento anatomico certo. Non ci sono prove, infatti, contrariamente a quanto sostenuto da qualcuno, che a posare per quell’opera sia stata la nobildonna genovese Simonetta Cattaneo, andata in sposa al banchiere fiorentino Marco Vespucci, parente del navigatore. Nel caso della Madonna dei Palafrenieri, invece, è certo che a posare sia stata Maddalena Antognetti, sulla cui figura si tornerà più avanti.
La Madonna dei Palafrenieri, olio su tela di cm 292 x 211, fu commissionato al Caravaggio il 31 Ottobre del 1605 dall’Arciconfraternita dei Palafrenieri Pontifici.
All’epoca, sotto la diretta supervisione di Papa Paolo V, si stava provvedendo alla ristrutturazione della basilica di San Pietro e i Palafrenieri intendevano destinarlo all’altare della loro cappella. E in effetti, il quadro vi fu collocato l’8 Aprile del 1606, alla presenza di Caravaggio. Su quell’altare, però, restò solo pochi giorni e fu poi trasferito nella chiesa di S. Anna dei Palafrenieri, nella stessa area vaticana, poiché rifiutato dai committenti.
Sul motivo di quel rifiuto, si sono formulate diverse ipotesi. Da quella riguardante l’aspetto dimesso e la posizione decentrata di S. Anna, patrona dei Palafrenieri, in una tela che doveva invece esaltarne la figura, a quella secondo cui la Madonna avesse il seno eccessivamente scoperto. Un’altra ipotesi, fa riferimento ad una diatriba con i luterani: nel passo 3,15 della Genesi, l’azione di schiacciare il capo del serpente è descritta con le parole “ipsa conteret caput tuum” (essa, la Madonna, cioè la Chiesa). La lettura dei luterani, invece, per sminuire il ruolo della chiesa, era “ipse conteret… (cioè egli, Gesù) conteret caput tuum”. In realtà, già nel 1569, Papa Pio V con la bolla detta Bolla del Rosario, aveva salomonicamente stabilito che la Vergine schiacciava la testa del serpente con l’aiuto di Gesù.
Tuttavia, sulla scorta di quanto affermava un illustre romano, ossia che “A pensar male, si fa peccato ma si indovina” l’ipotesi sostenuta dal Calvesi e riportata da Coliva, non sembra affatto da escludere. Stando a tale ipotesi, il Cardinal Nepote Scipione Borghese, estimatore di Caravaggio, volendo venire in possesso dell’opera che già conosceva, avrebbe fatto pressioni sullo zio, Papa Paolo V, affinché il quadro venisse rifiutato dai Palafrenieri. Ad apparente conferma di ciò, poco dopo il rifiuto, l’opera fu venduta al Cardinale per la somma di 100 scudi, da considerare piuttosto modesta, e collocata nella sua residenza (l’attuale palazzo Rospigliosi). L’esiguità del compenso, sembra ancor più evidente quando si pensi che, solo un anno dopo, a Napoli, per l’esecuzione de “Le sette opere di misericordia”, Caravaggio percepirà 370 ducati.
Ma torniamo al piede cavo della Vergine e ad un suo aspetto che ho definito “intrigante”.
A posare per la Madonna dei Palafrenieri, come già detto, fu Maddalena Antognetti, detta Lena, soprannominata “la Roscina” per i suoi capelli biondo-ramati, amante di Caravaggio e cortigiana tra le più richieste della Roma dell’epoca. La stessa modella ha posato per altre sette opere del Caravaggio: Santa Caterina d’Alessandria, Giuditta e Oloferne, Marta e Maria Maddalena, Riposo nella fuga in Egitto, Deposizione, Morte della Vergine, Madonna di Loreto o dei pellegrini.
Dunque, Maddalena Antognetti, donna di decantata bellezza, desiderata e contesa da tanti uomini, aveva i piedi cavi?
Fiora Bellini, nel saggio a post-fazione della biografia della “Roscina”, scritta da R. Bassani, sembra confermare la cosa quando dice che nella Madonna dei Palafrenieri, Maddalena è riconoscibile “…per l’espressiva femminilità del corpo, per il radioso décolleté, per il deciso arco plantare del piede flessuoso, per la capigliatura folta e fulva…”.
La deformità dei piedi, quindi, è descritta come una particolarità conosciuta della modella.
La dottoressa Bellini, inoltre, rispondendo ad una mia ipotesi su tale connotazione, mi scrive: «Non fu insomma né una scelta estetica del pittore o un suo “capriccio” che dir si voglia e neppure un modo per conferire unicità al piede della Vergine, come lei ipotizza. Fu la scelta consapevole del Caravaggio di non trascurare di riportare sulla tela quel dato di realtà, quell’elegante difetto che l’avvenente sua modella – Maddalena Antognetti – aveva già esibito in un altrettanto famoso (e scandaloso) dipinto, la Madonna di Loreto nella chiesa di Sant’Agostino a Roma».
Non ho avuto occasione di vedere quest’ultimo quadro dal vivo. Visto in foto, in effetti, è evidente una conformazione anomala dei piedi anche se, a causa dell’angolazione prospettica e della scarsa luce su di essi, risulta difficile definirne la natura.
Ad ogni modo, credo si possa ragionevolmente ritenere che qualsiasi pittore dei giorni nostri che si accingesse a dipingere una Madonna, di fronte ad una modella con un piede cavo, si farebbe un certo riguardo a riprodurlo e cercherebbe di dipingerlo come un piede normale. Tale riguardo, tra l’altro, avrebbe dovuto essere sentito ancora di più nel 1600, nella Roma dei Papi, in un quadro che doveva essere collocato in San Pietro. Anche perché, il piede della Madonna dei Palafrenieri non figura in un piano secondario, ma nel punto simbolicamente focale dell’opera!
E sarebbe del tutto lecito pensare che, per un pittore del livello di Caravaggio, certamente non avrebbe dovuto essere un problema “operare” pittoricamente quel piede, per renderlo normoconformato.
Invece “il Nostro”, del tutto indifferente a questo tipo di considerazioni, dipinge Maria, Vergine e madre e quindi esempio di perfezione divina, con un piede cavo!
Con tutta probabilità per il fatto che, com’è noto, il Merisi era solito riportare sulla tela la realtà e faceva di questo una sua regola.
E il motivo di questa regola, ci viene forse svelato da quello che scrive il Bellori, biografo e coevo del Caravaggio: “…perché non erano in lui né invenzione, né decoro, né disegno, né scienza alcuna della pittura mentre tolto dagli occhi suoi il modello restavano vacui la mano e l’ingegno”.
Sembrerebbe da non credere, eppure…
Accettato che Lena avesse i piedi cavi, volendone, però, indagare la patogenesi, non si riesce ad individuare elementi chiarificatori.
Nella sua biografia, che riporta in copertina il volto della Madonna dei Palafrenieri, non mancano le privazioni, il carcere, due gravidanze, la malnutrizione. Non si parla, tuttavia, né di malattie né di traumi che possano, in qualche modo, essere indicativi in merito.
Certo, potrebbe trattarsi di piedi cavi essenziali. Ma la gravità del cavismo, raffrontato, ad esempio, con quello della Venere di Botticell di cui prima, lascia un po’ perplessi al riguardo e richiama quanto scritto dal Prof. Pisani nel suo Trattato di Chirurgia del Piede: “È convinzione personale che pur in assenza di definizione clinica e strumentale (EMG), si tratti comunque di deformità a sfumata neurologica…”.
Per la verità, Bassani fa menzione di un trauma che però non è in correlazione con la patologia dei piedi. Tale episodio, oltre che interessare la modella, è anche in diretta connessione con i guai giudiziari del Caravaggio.
Il 28 giugno 1605, il notaio Gaspare Albertini, amante e convivente del momento della Antognetti, la sfregia al volto con un coltello, nonostante che lei avesse “lassato l’amicizia di quelli che lui (le) haveva prohibito”. In quel periodo, Lena aveva appunto “lasciato le amicizie”, ma non aveva smesso di posare per Caravaggio. Il pittore, infatti, stava dipingendo la Madonna di Loreto, anche detta Madonna dei pellegrini, già citata nella mail della Sig.ra Bellini. Quando il quadro fu esposto nella chiesa romana di Sant’Agostino, dato che le sembianze di Maddalena erano ben note a molti nobiluomini e cardinali, creò grande scalpore. E fu proprio questo scalpore, a quanto pare, la causa sia dello sfregio, sia della lite avvenuta durante il passeggio serale, nella centralissima via del Corso, tra Caravaggio e il notaio Mariano Pasqualoni, incaricato del controllo del decoro delle immagini sacre. Sembra che il Pasqualoni abbia accusato Caravaggio di aver commesso un grave delitto, dipingendo la Madonna con le sembianze di una nota cortigiana, e che lo abbia minacciato di gravi conseguenze. La sera del 29 luglio 1605, in un agguato, Caravaggio feriva il notaio alla testa con la spada e veniva da questi denunciato.
Il particolare riveste un qualche interesse, in questo contesto, perché, nel momento in cui posava per la Madonna dei Palafrenieri (fine 1605), Lena aveva già sulla guancia destra la cicatrice dello sfregio infertole dal notaio Albertini. In questo caso, quindi, il pittore è venuto meno alla sua regola di riportare sulla tela la realtà, rispettata, invece, per quanto concerneva il piede della modella.
Visto quanto detto fin qui, non sembrerebbe fuori luogo chiedersi se per maggior riguardo a Maddalena o alla Madonna.
In conclusione, nei testi riguardanti la Antognetti, non emergono elementi chiarificatori sulla possibile patogenesi del piede cavo che, né la Madonna dei Palafrenieri, schiaccia la testa del serpente.
Il problema quindi, almeno per quanto attiene a questo scritto, resta irrisolto. Ma tant’è. L’importante, è che quel piede possa comunque compiere appieno la propria missione: contribuire al trionfo del Bene sul Male.