Caso clinico
Un paziente di 11 anni e mezzo è stato sottoposto a intervento di osteotomia del femore prossimale ed osteotomia di bacino di Degas in tempo unico per la correzione degli esiti di una lussazione congenita dell’anca sinistra diagnosticata e trattata all’età di quattro mesi (Fig. 1). In anamnesi, si riportava un precedente intervento per torsione del funicolo spermatico sinistro con asportazione testicolare all’età di 4 anni. Al momento del ricovero, i parametri auxologici erano 55 kg di peso per un’altezza di 144 cm ed un BMI pari a 24,11.
I genitori del paziente non riferivano patologie concomitanti e le analisi preoperatorie non mostravano alterazioni. La durata dell’intervento era stata di circa 150 minuti, con una perdita ematica complessiva di circa 250 cc di sangue. Dopo l’intervento non era stato applicato alcun tipo di apparecchio gessato ed il giorno dopo l’intervento veniva eseguita una trasfusione di sangue omologo per compensare la perdita di sangue intra-operatoria. Il paziente veniva mobilizzato in seconda giornata, mentre veniva invitato a deambulare senza carico diretto sull’arto operato in quarta giornata con l’ausilio di bastoni canadesi. Non era stata prescritta alcuna profilassi antitrombotica.
Dopo la dimissione, in quindicesima giornata postoperatoria, per la presenza di febbre e dolori addominali, veniva eseguita prima un’ecografia e successivamente una TC addome con mezzo di contrasto. La TC metteva in evidenza una trombosi venosa completa dell’asse iliaco-femorale sinistro con interessamento totale della vena iliaca comune e delle vene iliache esterna e interna con estensione a livello della vena cava inferiore, che appariva sub-occlusa per circa cm 5 in senso cranio caudale (Fig. 2).
Dopo una consulenza ematologica, veniva iniziata terapia con rivaroxaban al dosaggio di 20 mg /die. Prima del trattamento farmacologico, era stato preso in considerazione l’impianto temporaneo di un filtro cavale inferiore per eseguire successivamente una tromboaspirazione meccanica. Tuttavia, tale strategia terapeutica non era stata considerata attuabile poiché l’utilizzo di filtri cavali per adulti – non essendo più in commercio quelli pediatrici – avrebbe quasi certamente provocato una lesione traumatica o addirittura la rottura della parete della vena cava inferiore. In ogni caso, tutti gli esami praticati escludevano un’embolizzazione polmonare. Lo screening trombofilico, il fattore II protrombinico, il fattore V Leyden, ed i restanti parametri della coagulazione erano nella norma.
Alla TC di controllo, eseguita dopo quattro mesi, veniva registrata la persistenza di residuo materiale trombotico endoluminale in tutto l’asse iliaco sinistro e nella vena femorale omolaterale sino al terzo distale di coscia, mentre appariva regolarmente opacizzata la vena poplitea sinistra (Fig. 2).
A distanza di otto mesi dall’intervento, il paziente deambula autonomamente e non presenta segni di insufficienza vascolare pur praticando terapia farmacologica anti-tromboembolica che dovrà proseguire per almeno un anno.
Discussione
Il tromboembolismo venoso (TEV) post-operatorio nei bambini può causare esiti avversi come la trombosi ricorrente, la sindrome post trombotica e la morte improvvisa 1,2. D’altra parte, è noto come i bambini siano interessati dal TEV post-operatorio molto meno degli adulti 3,4. Tuttavia, recenti pubblicazioni riportano una sottostima nell’incidenza del TEV post-operatorio nella popolazione pediatrica 5. Vista la gravità di questa complicazione, la sua incidenza dovrebbe essere rivalutata in modo più dettagliato, soprattutto in presenza di fattori di rischio, come l’osteomielite secondaria a Stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA) 6, le cardiopatie congenite, la sindrome nefrosica, la trombofilia congenita e altre malattie genetiche della coagulazione del sangue 7, l’obesità e le sindromi metaboliche, insieme ad una storia personale o familiare di TEV 8. Una variabile peri-operatoria frequentemente riportata in letteratura ed associata ad aumentato rischio di TEV pediatrico è la presenza di un catetere venoso centrale (CVC) o periferico (PICC), come riportato da Van Arendonk et al. 9.
In un sondaggio effettuato tra i membri della Società Nordamericana di Ortopedia Pediatrica (POSNA) 10, il 59% dei chirurghi che aveva risposto riferiva di aver osservato almeno 1 bambino con TEV nella propria pratica clinica. Più della metà (55%) ricordava almeno 1 bambino con TVP, e quasi un terzo (29%) dei soci ricordava di aver visto almeno 1 bambino con EP. La maggior parte degli intervistati (77%) affermava di aver utilizzato una qualche forma di profilassi meccanica (come dispositivi di compressione pneumatica e/o calze compressive) per la prevenzione del TEV post-operatorio nei bambini, almeno occasionalmente. La profilassi meccanica era stata più spesso iniziata in sala operatoria (49%) o entro 24 ore dall’intervento (32%). Tuttavia, quasi la metà (45%) degli intervistati non aveva mai utilizzato la profilassi farmacologica contro il TEV nei pazienti i sottoposti ad intervento chirurgico. Quando questa era stata utilizzata, il più delle volte (82%) era stata iniziata entro 24 ore dall’intervento. La maggior parte dei soci che avevano risposto al questionario affermava, inoltre, di aver interrotto la profilassi dopo la mobilizzazione del piccolo paziente (80%) o quando il bambino era stato dimesso dall’ospedale (19%).
La letteratura esistente documenta varie comorbilità e variabili preoperatorie che possono essere correlate con l’aumento del rischio di TEV tra i pazienti ortopedici pediatrici 11. Tuttavia, l’età in cui i pazienti pediatrici sono a più alto rischio di TEV non è stata ancora individuata con sicurezza 12. Ad oggi, i dati a disposizione suggeriscono che nei pazienti pediatrici sottoposti ad interventi ortopedici, gli adolescenti di età ≥ 13 anni sono a più alto rischio di sviluppare una TEV. Sono stati svilluppati algoritmi di valutazione per fornire informazioni utili alla decisione clinica in merito all’uso di strategie terapeutiche, ma questi sono limitati – ad esempio, solo a pazienti con traumi agli arti inferiori – e con troppi pochi casi di TEV per poter essere considerati definitivi. Sebbene i risultati 13 in generale confermino che il TEV possa verificarsi tra i pazienti pediatrici che richiedono cure ortopediche, non è stato possibile stimare la reale prevalenza di TEV nella popolazione pediatrica sottoposta ad interventi chirurgici ortopedici.
Nel caso descritto, non era presente alcun fattore di rischio specifico che potesse giustificare la gravità e l’estensione del TEV riscontrata nel paziente. Fortunatamente, malgrado la notevole diffusione delle trombosi venosa non si è sviluppato alcun sintomo o segno clinico-strumentale di embolia polmonare.
Storia
Ricevuto: 18 giugno 2024
Accettato: 21 giugno 2024