Abstract
Su quel romanzo aveva messo tutto sé stesso. I suoi ideali, le sue inquietudini, i suoi sogni. Vi si era specchiato, pur tenendosi nascosto dietro i due protagonisti di una storia inventata; quasi un osservatore distaccato del proprio modo di essere. Così Andrea Pellacani – giovane ortopedico con le ali già spiegate nel campo della chirurgia della mano – aveva segnato il suo debutto letterario, pubblicando nel 2010 “Melbourne, 11/4”. E per separare nettamente il ruolo professionale da quello hobbistico, si era presentato ai lettori con uno pseudonimo, Marcello Centofanti.
Poteva essere l’inizio di un gratificante percorso da scrittore, parallelo a quello ben più impegnato e proficuo da chirurgo, se la sua vita non fosse stata spezzata in maniera imprevedibile a soli 38 anni, nel 2011. Avrebbe ancora potuto dedicarsi, con l’umanità che tutti gli riconoscevano, alla cura del prossimo, perché – come lui stesso amava sostenere – se riparare una mano può ridare vita a un organo indispensabile per la libertà di una persona, il mestiere di romanziere può contribuire a rinfrancarne l’anima.
La sua, di anima, l’aveva implicitamente messa a nudo nelle pagine del libro, identificandosi ora con la figura di un padre (Marcello) ora con quella di un figlio (Michele), alla ricerca di un dialogo sincero tra loro. Originale e accattivante la trama, nella quale si immagina che questo dialogo avvenga dopo la morte di Marcello, attraverso una serie di lettere, che il figlio già adulto, a cui sono affettuosamente indirizzate, potrà cominciare a ritrovare solo all’indomani del funerale. Dalla prima lettera, rinvenuta nello studio medico del papà (guarda caso, chirurgo della mano), inizierà per Michele un lungo viaggio per città e continenti, seguendo la traccia con cui ogni lettera indirizza a quella successiva.
Melbourne è la prima di sei tappe che cadenzano atti e scenari del romanzo. È là in Australia che Michele è nato (il giorno 11/4), ed è là che, nella vita reale, Andrea aveva svolto per un anno un tirocinio sotto la guida del prof. Wayne Morrison, uno dei maggiori esperti mondiali di chirurgia plastica. Di questo e altri spunti autobiografici è disseminato il racconto, nel quale però sono le profonde riflessioni dei protagonisti a lasciare il segno, suggerendo strumenti – a proposito di cura per l’anima – per una crescita interiore, per affrontare la vita senza paure. In fondo, è una storia con cui ogni padre e ogni figlio possono confrontarsi, e magari alcuni ritrovarsi in quel particolare rapporto in cui il pudore e la solitudine frenano il desiderio di comunicare e di esternare i propri sentimenti. E che non sia mai troppo tardi per recuperarlo, questo rapporto, è uno dei messaggi che nel racconto si possono cogliere.
Un libro che Andrea Pellacani ha inconsapevolmente lasciato come testamento d’amore alla propria famiglia, alla moglie e ai due figli, al suo caro papà. Così come vivo è il ricordo che ha lasciato a San Mauro Pascoli, suo paese natale, all’Istituto Rizzoli di Bologna, dove si è specializzato, e soprattutto al Policlinico di Modena, dove nel 2006 il dott. Antonio Landi, direttore del reparto di Chirurgia della mano, gli aveva affidato la gestione di un ambulatorio per le patologie oncologiche.
Con la sua evocativa copertina – due mani impreziosite da un disegno artistico – Melbourne, 11/4 è ancora presente negli store on line (Fortepiano editore, Bologna).
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